Due ragazzi nella Terra dell’abbastanza: parola ai fratelli D’Innocenzo
L'opera prima che ha stupito alla Berlinale finalmente in arrivo nelle sale.
Alla presentazione romana del loro primo film, La terra dell’abbastanza, i due fratelli ventinovenni D’Innocenzo arrivano come dei veterani, dopo l’esperienza nella sezione Panorama della Berlinale. In uscita il 7 giugno, dopo un’accoglienza molto positiva all’estero come in Italia, il film racconta il percorso di crescita di due ragazzi tanto amici da essere quasi fratelli, e di quella notte in cui un evento drammatico li porterà a imboccare la strada della criminalità. Due giovani attori: Andrea Carpenzano nei panni di Manolo, lanciato da Tutto quello che vuoi di Francesco Bruni, e Mirko, e l’esordiente Matteo Olivetti, che portano sulle spalle il film, insieme alla madre di uno e il padre dell’altro, due convincenti interpretazioni di Milena Mancini e di Max Tortora, in un ruolo drammatico.
Un titolo che i gemelli registi vorrebbero lasciare all’interpretazione degli spettatori, in mondo che ognuno gli attribuisca il proprio significato, ma che sollecitati spiegano così: “è un abbastanza che non è troppo poco da spingere a rimboccarti le maniche, ti porta ad accontentarti della ricerca di piccoli status symbol ridicoli, banali, specchio di un ventennio di crisi morale ed etica che abbiamo vissuto, il berlusconismo. Una ricerca di qualcosa che non serve che ci crea un enorme senso di frustrazione. Abbiamo girato nella periferia romana di Ponte di Nona, si sposava con la nostra idea quasi magica, uno skyline fra Pasolini e Tim Burton o addirittura Wes Anderson.”
Il giovane protagonista, Matteo Olivetti, racconta la sua esperienza, in qualche modo rappresentando anche il suo compare Carpenzano, assente perché impegnato su un set. “Il lavoro è iniziato con i provini, il primo durato 17 minuti, con loro che mi dicevano cosa dovevo fare da dietro la camera. Non so come ho fatto, ma sono riuscito a seguirli fino in fondo. Da quel provino ho sentito una sensazione particolare, che mi ha portato piano piano a caratterizzare il personaggio. Ho saputo poi di essere stato usato come cavia per scegliere il resto del cast. La cosa più bella è stata comunicare ai miei genitori che ero stato scelto, arrivato a 28 anni senza aver trovato una strada chiara. Con Andrea ci chiudevamo in camerino a leggere e studiare la parte, creando ogni giorno quella magia che è scattata durante le riprese”.
A proposito delle sensazioni forti suscitate dalla lettura della sceneggiatura, anche il padre di Manolo, Max Tortora, l’ha vissuta così. "leggendo ho capito tutto quello che i fratelli avevano in mente, era tutto già scritto. Ho sentito vibrare qualcosa, mi sono detto che era dentro di me, potevo farlo. L’ho fatto in maniera compassionevole, l’ho visto come un uomo colpevole di nulla, che se fosse rinato nello stesso posto, avrebbe rifatto tutto allo stesso modo, avrebbe consigliato al figlio di prendere la via della criminalità.”
Passando all’altro genitore del film, la madre di Mirko, Milena Mancini la descrive così, “Alessia è una donna che ha avuto un figlio molto giovane, è cresciuta con lui. Già dal provino ho trovato l’equilibrio fisico ed emotivo, fondamentali indicazioni per costruire una madre che è anche un’amica, ma impotente di fronte alle occasioni positive o negative che la vita le offre”.
Un percorso tormentato, per i due giovani protagonisti. “Il film inizia seguendo tutti e due”, ricordano i fratelli D’Innocenzo, “poi il punto di vista che seguiamo è quello di Mirko, seguendo il suo rapporto con la madre, mentre a Max Tortora sono bastate due o tre scene per condensare l’essenza di questo padre disperato che indica al figlio la via sbagliata, che fallisce ogni scelta. Non abbiamo voluto spiegare tutto in maniera didascalica, usiamo spesso la reticenza per rendere attivo lo spettatore, non solo un mangiatore di pop corn. La violenza è sempre brutta, la mostriamo in campo lungo, è sciatta, semplice come la vita. Come spettatori il neorealismo ci ha condizionati molto, ma abbiamo cercato un linguaggio che appartenesse a noi, avevamo le idee molto chiare e molto pratiche, riconducibili alla pancia, all’istinto. Se un’idea funziona è molto importante non spettacolarizzarla troppo, così la si rovina solo. Pasolini, Zavattini, il Rossellini di Paisà; sono tutti autori che ci hanno sempre ispirato, ma i riferimenti per il film sono stati più grandi fotografi o la pittura di Bacon, Sono scelte fotografiche decisamente azzardate, che sconfessano Il realismo”.
La terra dell’abbastanza uscirà in sala dal 7 giugno, distribuito da Adler.