Dogman: Matteo Garrone presenta il film sul canaro e avvisa: "Chi cerca lo splatter, resti a casa"
A Cannes abbiamo incontrato il regista, già due volte vincitore del Gran Premio della Giuria.

Secondo italiano in concorso del settantunesimo Festival di Cannes è Matteo Garrone con Dogman, un film (diciamolo subito, avvisando gli splatter-maniaci) dal quale è meglio non aspettarsi la crudeltà e l’efferatezza del fatto di cronaca che lo ha ispirato: l’omicidio, preceduto dalla tortura, di Giancarlo Ricci ad opera Pietro De Negri. No, la vendetta del proprietario di un salone di tolettatura per cani della Magliana su un uomo che lo tormentava da anni si trasforma in qualcosa di diverso nelle mani del regista romano, che sulla Croisette ha già vinto per due volte il Gran Premio della Giuria e che ha voluto raccontare una storia di accettazione in una periferia piovosa e desolata, una lotta fra un debole e un forte che nella sua mente è nata tanto tempo fa, come lui stesso ci spiega nel corso di un incontro stampa ristretto.
"Ho scritto la prima stesura di Dogman, che allora si chiamava L’amico dell’uomo, tredici anni fa" - dice il regista - "e l’ho portata a Roberto Benigni, che non ha voluto fare il film. Già allora c’era questa idea un protagonista che avesse anche degli elementi comici, che somigliasse in qualche modo a Buster Keaton e ai personaggi del cinema muto, che erano dotati di un doppio registro. Negli anni ho scritto tante versioni della sceneggiatura, cambiavo io ecambiavano le versioni".
Mentre rimetteva le mani su quanto già scritto, Garrone si rendeva conto di aver bisogno di procedere in una direzione completamente nuova. Se ci è riuscito, il merito è stato anche dei suoi due protagonisti, Edoardo Pesce e Marcello Fonte, con i quali, prima di iniziare a girare, ha provato l’intero film: "Sono contento di aver fatto il film con Marcello ed Edoardo perché, proprio lavorando con loro, la storia ha preso una direzione inaspettata. La cosa che mi piace di più di come abbiamo sviluppato la sceneggiatura è il finale, che va in una direzione insolita ma coerente rispetto alla bontà del personaggio di Marcello, che resta umano fino alla fine. Forse ho capito perché in tutti questi anni ho rimandato il film: nelle vecchie sceneggiature c’erano cose che mi rimandavano ad altri film - Cane di paglia, Un borghese piccolo piccolo - in cui c’era un buono che si trasformava in mostro. Era una pista già battuta. Noi abbiamo trovato una strada più nostra, più personale, ho sentito il protagonista accanto a me fino alla fine, e ho sentito anche Edoardo, che è stato un antagonista eccezionale".
Edoardo Pesce, che anche l’anno scorso ha partecipato al Festival di Cannes (con Fortunata e Cuori Puri), ci spiega il lavoro sul personaggio di Simoncino: "L’abbiamo costruito insieme partendo da un’estetica, è un personaggio molto fisico, quindi abbiamo lavorato sul mio corpo, ho fatto due o tre mesi di palestra, ho preso anche delle lezioni di pugilato per dargli una camminata, una postura e una presenza importanti, per avvicinarmi anche a una certa pericolosità. Poi abbiamo lavorato sul trucco, all’inizio ci era venuta l’idea di una specie di Frankenstein come quello di De Niro, volevamo creare un mostro contemporaneo, poi lo abbiamo alleggerito, lasciandogli però sempre delle ferite. La parte umana è venuta dopo, da sé. Abbiamo lavorato di sottrazione, provando molto, e ci siamo accorti che meno Simoncino parlava e meglio era, altrimenti sarebbe risultato prevedibile: troppe parole sembravano indebolirlo".
Per l’attore Simoncino non è cattivo al 100%: "Non l’ho mai giudicato, mi hanno colpito la sua solitudine e la sua voglia di interagire con Marcello, di essergli amico. E’ un uomo prigioniero della sua aggressività, un po’ come i bulli. I bulli, in fondo, sono tutti soli. Simoncino ha una voglia di carezze che poi si trasforma in un’incapacità di comunicare il suo desiderio di essere accettato e sfocia infine in una forte violenza".
Di Marcello (il canaro), che all’inizio va d’accordo con le persone del suo quartiere - un piccolo gruppo che somiglia a una comunità da film western - parla invece Matteo Garrone: "Marcello è un personaggio ricco, non segue mai scelte lineari, ha una personalità scissa, è affascinato da Simoncino, ma nello stesso tempo ne ha paura, potrebbe sbarazzarsene, ma lo salva. Marcello ha una fisicità che rimanda a un’Italia antica, ma la sua complessità psicologica è legata ai nostri tempi. L’umanità di Marcello è tale da dare allo spettatore la possibilità di vedere questo film in soggettiva".
In una periferia che non doveva somigliare a un luogo di degrado umano e urbano, Garrone ha cercato una rappresentazione che fosse realistica ma anche metafisica, e si è lasciato suggestionare da gradi artisti del pennello: "In Dogman c’è Hopper, la sua influenza mi sembra abbastanza evidente. Ovviamente c’è la mia formazione pittorica, c’è Caravaggio. Non è un film interamente cupo, all’inizio c’è un po’ di sole, i momenti di amore puro che Marcello vive con la figlia sono luminosi, poi nella seconda parte il cielo diventa più buio. Con il direttore della fotografia Nicolaj Bruel, con cui avevo lavorato solo per la pubblicità, siamo subito entrati in sintonia, avevamo la stessa visione, cercavamo un approccio che rispettasse un’idea di verosimiglianza ma che avesse anche un’astrazione, siamo stati attenti a non cadere mai nei compiacimenti stilistici, a non non far sentire mai la bellezza dell’inquadratura, dei movimenti di macchina".
Per il suo regista, Dogman è un film più semplice rispetto ai tre precedenti e soprattutto in confronto all’annunciato Pinocchio, un progetto che sta ancora in piedi: "Dopo la complessità organizzativa e tecnica de Il racconto dei racconti, che è stato per me un film difficilissimo, avevo voglia di fare qualcosa di più piccolo, anche perché stavo cominciando a lavorare su Pinocchio, che è un film impossibile a cui certo non ho rinunciato. Pinocchio c’è sempre nei miei film, anche qui probabilmente c’è qualcosa di Pinocchio, e anche di Geppetto".
Prima di andarsene per prepararsi alla proiezione ufficiale e alla montée des marches insieme ai suoi attori, Matteo Garrone chiude l’incontro con i giornalisti con una nota tenera, dicendo: "Dogman è arrivato in un momento giusto del mio percorso, oggi sono papà di un bambino nove anni che ha l’età di Alida, la bimba di Marcello, il nostro rapporto quindi è un po’ finito nella storia. Anche per questo Dogman è un film in cui l’aspetto di pancia è centrale".
Distribuito da 01 Distribution, Dogman esce il 17 maggio in 31 sale.