Interviste Cinema

"Dobbiamo rialzare la testa e guardarci negli occhi": Walter Veltroni e Neri Marcorè parlano di Quando

Tra i titoli della sezione Anteprime Internazionali del Bif&st, Quando di Walter Veltroni è stato presentato al Teatro Petruzzelli. L'indomani, il regista e l’attore protagonista Neri Marcorè hanno raccontato qualcosa del film, che trasmette un messaggio di speranza.

"Dobbiamo rialzare la testa e guardarci negli occhi": Walter Veltroni e Neri Marcorè parlano di Quando

La città di Bari ama il cinema, e lo amano sia i ragazzi, che spesso e volentieri lo studiano, che gli adulti, che partecipano attivamente al Bif&st riempiendo la platea e i palchi del Teatro Petruzzelli, orgoglio regionale e cittadino che ogni sera ospita un'Anteprima Internazionale. Dopo Il Ritorno di Casanova e Mia, il Bari International Film & Tv Festival ha fortissimamente voluto il nuovo film di finzione di Walter Veltroni. Intitolato Quando, racconta la storia di un uomo che si risveglia dopo 31 anni di coma. Si chiama Giovanni e ha perso conoscenza nel giorno dei funerali di Enrico Berlinguer, nel momento in cui l'asta di una bandiera lo ha colpito in testa.

Quando mescola l'allegria alla malinconia e vede protagonista Neri Marcorè, affiancato da Valeria Solarino, nei panni di una suora, e da Fabrizio Ciavoni, che impersona un ragazzo affetto da mutismo selettivo. Marcorè ha accompagnato il film al Bif&st insieme a Walter Veltroni, e i due hanno partecipato alla conferenza stampa che si è tenuta nel Teatro Margherita, altro luogo storico della manifestazione cinematografica diretta da Felice Laudadio.
L'ex sindaco di Roma ha spiegato innanzitutto che rapporto ci sia tra il film e l'omonimo libro a cui è ispirato e che lui stesso ha scritto: "Il romanzo è stato scritto in un altro momento, perché il 2015 è effettivamente un altro momento rispetto all'oggi, e mi piaceva l'idea che questo intervallo temporale, che è stato carico di eventi, in primis la pandemia, ci consentisse di fare un film ambientato nel 2015 ma con lo sguardo di chi non aveva  vissuto gli anni a seguire, quindi in qualche modo rivivendo la condizione di Giovanni. Perché in fondo questo è anche un film sul fascino del gorgo, del vuoto. Giovanni si sveglia e non sa nulla di nulla, la sua è quindi una nuova nascita, è come se venisse al mondo un bambino di 18 anni che deve imparare tante cose. Nel passaggio dal libro al film, abbiamo tolto qualche personaggio e aggiunto il personaggio di Leo (Fabrizio Ciavoni), che fa un po’ da ponte raccontando un altro degli aspetti importanti del film, e cioè le difficoltà di comunicazione. Quando Valeria Solarino dice: 'Io mi sono fatta suora perché cercavo qualcuno che mi tenesse compagnia e che non mi giudicasse', o quando Leo non parla perché ha la sensazione che nessuno lo ascolti, in realtà viene fuori uno dei grandi temi di questo tempo, che mi piace chiamare 'un tempo con la testa all’ingiù'. Se prestate attenzione alla gente mentre camminate, vedrete solo persone con la testa all’ingiù, che guardano il cellulare. Credo ci sia bisogno di tornare ad alzare la testa e a guardarsi negli occhi, e a scoprirsi migliori di ciò che siamo affidandoci alle parole, che sono molto più belle di qualsiasi dialogo al computer".

Per ottenere il ruolo di Giovanni, che per certi aspetti gli somiglia, Neri Marcorè non ha dovuto fare un provino. Era semplicemente perfetto per la parte, e ha accettato immediatamente di prendere parte a un progetto che gli ha richiesto un veloce dimagrimento: "Avevo letto il romanzo di Walter durante una traversata atlantica fatta in barca a vela con tre amici. Mi ero portato molti libri, tra cui quello di Walter che non avevo ancora letto, e quando ho nuovamente toccato terra, più che altro quando i telefoni cominciavano a funzionare di nuovo, una delle prime telefonate che ho fatto è stata quella a Walter per dirgli: 'Guarda, ho letto questo tuo romanzo, mi è piaciuto tantissimo. Secondo me potrebbe venir fuori un film. Lui mi ha risposto: 'Già ci stiamo lavorando', e quindi, evidentemente, il libro è stato scritto anche con un occhio da regista. Che poi ogni lettore ha il suo film, se lo costruisce con le facce che sceglie lui, stessa cosa per le ambientazioni. Insomma ho detto a Walter: 'Meglio così, se un giorno farai dei provini, mi piacerebbe provare a interpretare Giovanni', perché sentivo che, oltre alla sfida da attore, che significava interpretare un uomo che fisicamente aveva più di 50 anni ma che intellettivamente ne aveva 18, era sicuramente stimolante per me raccontare la storia personale di Giovanni, del duro colpo che la vita gli aveva inferto, della sua voglia di riprendersi, sia fisicamente che emotivamente, accettando la dura realtà di aver perso, lungo la strada, delle persone care e di vivere in un presente completamente diverso. Nella mia performance non volevo far sentire il peso della nostalgia. Per me una delle lezioni più importanti di Quando è rappresentata dal fatto che, qualsiasi cosa ti possa capitare, la vita che hai davanti è sicuramente più interessante e più ricca di aspettative e di speranze rispetto a quella appena passata, e quindi bisogna guardare sempre avanti e cercare di portare nel futuro le cose belle del passato, lasciando invece andar via quello che non ci è piaciuto".

Giovanni, nel film, ha dunque lo sguardo di un ragazzo di 18 anni, ma non è la prima volta che Walter Veltroni si rivolge, da regista, a personaggi giovani. Sia nei suoi documentari che nei film di finzione ci sono anche tanti bambini, e Veltroni spiega la ragione di una simile scelta: "Giovanni è un po’ il mio Antoine Doinel, se mi permettete il paragone. Il bambino o ragazzo torna anche nei documentari. Mi interessa lo sguardo sul presente di chi non ha troppi condizionamenti, di chi può raccontarci le cose che accadono con il nitore che deriva da uno sguardo non influenzato dalla propria storia, che è fatta di tante cose. Nel film Giovanni deve capire un mondo che non conosce (dalla caduta del muro di Berlino all’'avvento del cellulare), e quello che a me piace da spettatore è quando la dimensione personale si interseca con la dimensione storica, e quando la grande storia piomba nella vita delle persone e la condiziona. Qui è un po’ così. Giovanni ha una doppia dimensione: da un lato è ancora attaccato al padre, alla madre e alla fidanzata e chiede di loro. Dall’altro è realmente interessato ai cambiamenti che sono intervenuti nel modo. Neri è stato bravissimo a recitare con l'esperienza e la fisicità di un uomo di 50 anni, e il tono di voce, il modo di ragionare e il linguaggio di un ragazzo di 18. Questa misura la cercavo proprio perché volevo che lo spettatore si liberasse dal fatto aver vissuto tutto quello che scorre sotto il dito di Neri e di Leo mentre scorrono sul tablet i principali eventi storici del passato recente in una scena del film".

Se Walter Veltroni cerca di non essere nostalgico, sembra però di cogliere, in Quando, la convinzione che prima si stava meglio. Il regista ammette di aver vissuto in anni magnifici, ma il suo film non è poi così negativo sui tempi correnti: "Spero che il film trasmetta un po’ di speranza" – dice - "Insieme al messaggio che non è vero che tutto è finito, che dobbiamo solo rassegnarci ad attendere la fine del mondo e che tutto peggiorerà, e che il tunnel è talmente lungo che finiremo con l'arredarlo a forza di starci. Io penso che ci sia una luce in fondo al tunnel e spero che il film trasmetta un po’ di ottimismo e anche un po’ di sogno".

Ci sono molte scene toccanti nel film, che è stato girato durante la pandemia, e forse la più commovente è quella in cui Giovanni va a trovare sua mamma, che è anziana e soffre di demenza. Veltroni ci tiene a spiegare il significato di un momento tanto commovente: "Viviamo in un tempo in cui il rapporto fra generazioni è diventato molto più forte di quanto non fosse prima. Il rapporto col padre o con la madre sono momenti fondamentali della formazione umana, ho cercato di affrontare questo tema che per Giovanni è una perdita. Lui si sente responsabile della morte del padre. Poi è chiaro che si possono leggere 1000 metafore, o pensare che il padre che è morto sia Berlinguer.
"Nella prima metà di Quando" - aggiunge Neri Marcorè - "ognuno ci mette il proprio vissuto. Il padre che manca può essere sì Berlinguer, che ci mancherà sempre come figura carismatica, visto che era un gigante, ma poi c'è la storia personale. Anche io ieri, guardando il film, sono passato dalla storia di Giovanni alla mia, perché ho perso il mio babbo nel 2005 e mia mamma c’è ancora. Ho pensato a loro e credo che il film sia bello anche per questo, per il suo innato dinamismo".

Quando arriva in sala il 30 marzo distribuito da Vision Distribution.

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