Danny Boyle a Roma per presentare The Millionaire
Danny Boyle, che ha presentato alla stampa italiana il suo nuovo lungometraggio, un film ambientato in India e intitolato The Millionaire, è sicuramente fra i registi più simpatici che abbiamo mai incontrato. Con lui abbiamo parlato di Bombay, Charles Dickens e di Rocky.

Danny Boyle a Roma per presentare The Millionaire
Ci sono registi che difficilmente si allontanano da un genere cinematografico, soprattutto se per loro è stato garanzia di successo. Così lo sfruttano fino a impoverirlo, arrivando a padroneggiare perfettamente tecnica e meccanismi drammatici, ma perdendo la spontaneità, l’incoscienza e l’entusiasmo degli inizi. La paura di finire in questa trappola, scivolando in un cinema perfetto ma freddo, ha spinto Danny Boyle, in tanti anni di carriera, a tentare sempre nuove strade, anche a costo di deludere il suo pubblico, che sembra non avergli mai perdonato The Beach.
Adesso però, il regista di Trainspotting è pronto conquistare ancora una volta il consenso internazionale grazie a un film che gli americani giurano di vedere premiato alla prossima edizione degli Oscar. Si tratta della favola indiana The Millionaire, che Boyle è venuto a presentare a Roma. Commentandone il successo oltreoceano, il regista ha subito chiarito: “Negli Stati Uniti il film è piaciuto perché, in fondo, racconta la storia di Rocky, che poi altro non è che la cronaca di un sogno che si avvera ”.
La corsa verso il successo e la notorietà di Jamal, un ragazzo di una baraccopoli di Mumbai che diventa una star della trasmissione televisiva Chi vuol esser milionario? ha effettivamente tutte le carte per far leva su una Hollywood che sempre più guarda a Bollywood e che si appresta a realizzare una serie di produzioni in India. Infatti, il paese di Ghandi e di Mira Nair, ci ha spiegato Danny Boyle, ha un fascino particolarissimo per tutti gli occidentali. Gli abbiamo chiesto in cosa consista esattamente questo fascino, e come l’esperienza del film gli abbia cambiato la vita, e lui ci ha risposto che, anche se non si ritiene un hippy (li detesta!) ma un ex punk, in India ha cambiato la percezione della propria esistenza lasciando da parte la paura della morte e la volontà di controllare le cose. “Mumbai è un coacervo di contraddizioni. La miseria convive con la ricchezza. Gli slum (le baraccopoli) sono vicinissimi ai grattacieli abitati dalle persone benestanti, ma a tutti va bene così. Se vuoi capire l’India, non devi cercare di risolvere i suoi contrasti, devi abbracciarli”.
Girare negli slum non è stato facile per Boyle e la sua troupe. Era sconsigliabile, viste le dimensioni limitate delle baracche, introdurre pesanti macchine da presa, di fronte alle quali gli attori non professionisti avrebbero cominciato probabilmente a recitare in modo affettato, innaturale. Così, si è preferito ricorrere a piccole telecamere digitali. “Ovviamente non potevamo programmare nulla” – ha raccontato Boyle. “Dovevamo solo aspettare e fidarci, perché alla fine Mumbai ci ricompensava sempre, regalandoci qualcosa di inaspettato e sorprendente”. Per il regista, la Mumbai di The Millionaire doveva essere un po’ come la Londra dei romanzi di Charles Dickens: una città sporca ma vivace, piena di uomini che distruggono e ricostruiscono, di gente che traffica, di altre piccole e brulicanti “sottocittà” ognuna con una sua precisa identità.
A proposito di identità, è difficile catalogare The Millionaire all’interno di un genere. Danny Boyle lo colloca a metà fra la commedia e la tragedia, senza dimenticare la componente melodrammatica. “Il melodramma” – ha detto – “è il genere per eccellenza dei film indiani, ho voluto rispettare la tradizione e ho fatto in modo che Jamal partecipasse a Chi vuol esser milionario? per amore di una donna. Ho pensato che così sarei stato abbastanza romantico e melodrammatico, ma la gente del posto mi ha detto che in realtà avrei potuto calcare la mano molto di più”. In The Millionaire, il presentatore del quiz televisivo è interpretato da una vera e propria leggenda di Bollywood, Anil Kapoor. Boyle ci ha raccontato che ogni giorno centinaia di persone andavano sul set solo per ammirarlo e chiedergli l’autografo. Quando, a metà riprese, si è ammalato, qualcuno pregava di soffrire o morire al suo posto, affinché continuasse a lavorare. Nel film lo vediamo anche da giovane, mentre il piccolo Jamal gli corre incontro nei pressi di una latrina. “E’ la scena più bella e potente del film” – ci ha spiegato il regista – “perché esprime l’essenza dell’India. La sporcizia e la povertà che incontrano la gloria e il benessere … e poi sapete tutti che noi inglesi siamo fissati con le scene girate nei bagni. In ogni film inglese deve esserci almeno una scena in un bagno, non so perché, ma funziona così”.
Prima di salutarci, Danny Boyle si è rammaricato dei recenti tragici eventi che si sono verificati in India. “Ci è dispiaciuto vedere gente che sparava sulla folla alla stazione Victoria Terminus, dove abbiamo ambientato importanti sequenze del film”.