Interviste Cinema

Cobain: Montage of Heck, ce ne parla il regista Brett Morgen

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Abbiamo intervistato l'autore del documentario sul leader dei Nirvana.

Cobain: Montage of Heck, ce ne parla il regista Brett Morgen

Brett Morgen è scapigliato e entusiasta esattamente come ti immagini possa essere il regista di un documentario su Kurt Cobain. O del Crossfire Hurricane commissionatogli dai Rolling Stones o del The Kid Stays in the Pictures che è stato il suo primo grande successo.
Parla di Cobain: Montage of Heck con legittimo entusiasmo: dopotutto, come ricorda lui stesso, questo è l’unico documentario che Frances Bean - unica figlia di Cobain e Courtney Love, e che del film è stata anche produttrice - autorizzerà mai nella vita; e i materiali cui Morgen ha avuto accesso, col consenso della famiglia, sono davvero unici.
“Nel film ci sono immagini, disegni e registrazioni che il pubblico vede per la prima volta,” rimarca il regista, “ed è grazie a questi materiali che possiamo davvero conoscere Kurt: perché nonostante tutto quello che è stato detto e scritto su di lui fino a questo momento, non lo abbiamo mai conosciuto davvero.”
È la persona, l’essere umano (“the boy”, come lo definisce) a interessare Morgen, non la rockstar: “Il mio non è un film su una scena musicale, o su un genere, ma racconta del viaggio interiore di Kurt attraverso la vita.”

Attraverso l’uso di filmini familiari, di registrazioni originali, dei disegni di Cobain e dei suoi diari, Morgen documenta questo viaggio dall’infanzia, passando per l’adolescenza problematica, l’immersione progressiva nella musica e l’evasione nella droga, il rapporto con la prima fidanzata Tracy, il successo, l’incontro con Courtney Love e la paternità, fino alla sua morte (o un passo appena prima, fortunatamente), lasciando il più possibile che sia “la voce stessa di Kurt” a parlare della sua vita. A questi materiali di repertorio, il regista associa vari tipo di animazione, che si applicano ai suoi disegni “cercando di rispettare la sua estetica” e alle sue registrazioni audio, illustrate dall’animatore olandese Hisko Hulsing, quello del premiato corto Junkyard.
Volevo un film che avesse un aspetto analogico, sporco, per rispettare l’estetica punk rock,” spiega Morgen, “mentre per le interviste realizzate da me ho scelto un taglio pulito e formale, per rimarcare il più possibile quello che era il mondo di Kurt, quello che era davvero suo, e quello che invece abbiamo inserito noi. Inizialmente avevo addirittura pensato di lavorare unicamente con i materiali di repertorio,” spiega, “perché non volevo un film di talking heads, di teste parlanti. Prima ho montato tutto il repertorio, e solo dopo ho inserito le interviste, quando mi sono reso conto che ne avevo bisogno per creare un contesto attorno all’arte e alla vita di Kurt.”

Tra gli intervistati ci sono i genitori del leader dei Nirvana, la sua prima fidanzata, il bassista Krist Novoselic, Courtney Love: spicca invece per la sua assenza Dave Grohl, che dei Nirvana era batterista e che notoriamente è da sempre in forte polemica con la Love.
Ma la sua assenza, spergiura Morgen, non nasconde nulla di torbido: “Io Dave l’ho anche intervistato,” dice prima di ripercorrere tutta la vicenda. “Onestamente non ho mai sentito un grande bisogno di avere la sua presenza nel film, perché lui ha un grande accesso ai media e ha spesso parlato di Kurt alla stampa, quindi la sua voce era già nota; in più non volevo troppi intervistati, e avevo già Krist a raccontare l’esperienza della band, e lui è quello che l’ha vissuta dall’inizio alla fine, non Dave. Sapevo però che per il pubblico la sua assenza sarebbe stata una distrazione, e allora ho chiesto al management di intervistare sia Krist che Dave: ma mi hanno risposto che era impegnato nelle registrazioni di un nuovo album. Solo a poche settimane dalla presentazione del film al Sundance ho avuto nuovamente sue notizie, e mi hanno detto che si rendeva disponibile a farsi intervistare: nonostante tutti i miei impegni e i tempi stretti l’ho incontrato, abbiamo girato, ma non sono riuscito a inserire l’intervista prima di mandare il film al festival, non riuscivo a trovare il giusto montaggio. E dopo il Sundance, dopo Berlino, ho pensato che in fondo non valeva la pena mettere nuovamente mano al montaggio: ci ho anche provato, ma avevo perso oggettività. Questa è la storia, è la pura verità,” conclude per convincerci.
 
Grohl o non Grohl, l’obiettivo di Morgen, con Cobain: Montage of Heck era quello di sempre: “creare un’esperienza attorno a un soggetto, non ricostruire una storia. Voglio che i miei siano film, non libri, articoli, saggi o altro; voglio esperienze immersive, e qui volevo che, usando gli strumenti del cinema, la combinazione tra suono e immagini e la dimensione dello schermo, chi guarda entri dentro la vita di Kurt, non che la guardi dell’esterno. E mi sento male per chi vedrà il mio film in tv, perché è davvero pensato per essere visto al cinema.”
Per il regista la storia del documentario, che parte dall’infanzia di Cobain e in qualche modo ci ritorna, “è una storia di origine familiare. Quando ho visto Boyhood mi ha ricordato molto il mio film, in qualche modo, per le tappe che si raccontano, nel modo in cui Kurt ha documentato la sua vita. Si è parlato molto, in passato, della sua ambizione, e di come una volta avuto il successo, ne sia rimasto disgustato e si sia suicidato: si tratta di banalità. Il suo vero problema il sentirsi accettato, primariamente in famiglia.” sostiene Morgen. “Certo, lui voleva qualcosa, ma non sapeva bene cosa fosse quel qualcosa: quando non ce l’hai, la fama è un’astrazione. E quando non stai bene con te stesso, e gli occhi del mondo sono puntati su di te, finisci con lo stare peggio. Quel che Kurt voleva davvero era una famiglia: la sua band è stata un surrogato della famiglia, la sua prima fidanzata è stata una figura quasi materna, e quando con Courtney ha costruito una nuova, vera famiglia, quando ha completato un quadro senza avere più nulla da aggiungerci, qualcosa in lui è scattato e l’ha condotto dove tutti sappiamo.”

Dopo aver evitato scrupolosamente di utilizzare materiali molto noti o videoclip rimanendo quanto più possibile nell’intimo e nell’inedito, Cobain: Montage of Heck si conclude sulle immagini intense e bellissime dell’Unplugged tenuto dai Nirvana negli studi newyorchesi di MTV, e sul brano straziante che concluse il concerto, la cover di “Where Did You Sleep Last Night”. Non possiamo fare a meno di chiedere a Morgen, letteralmente sulla porta, se ritiene quella registrazione pubblica altrettanto sincera e rivelatrice dei video privati che costellano il film.
“Sì, nel contesto del documentario è senz’altro così,” ci dice. “Ma d’altronde si è trattato di un evento eccezionale. Quel Kurt lì, il modo in cui si è presentato e mostrato a quella registrazione, è molto più vicino al Kurt privato che si vede nel mio film che non al Kurt che i suoi fan avevano visto pubblicamente fino a quel momento.”

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