Interviste Cinema

"C’è voluta una pandemia per affrontare il problema razziale", Steve McQueen premio alla carriera alla Festa di Roma

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Il britannico vincitore dell'Oscar Steve McQueen è uno dei premi alla carriera di questa Festa di Roma 2020, dove ha parlato del suo film Small Axe - Red, White and Blue e del razzismo di ieri e di oggi.

"C’è voluta una pandemia per affrontare il problema razziale", Steve McQueen premio alla carriera alla Festa di Roma

È la giornata del primo premio alla carriera, alla Festa del Cinema di Roma 2020. Lanciato dalla presentazione a Cannes di Hunger, Steve McQueen ha vinto l’Oscar per 12 anni schiavo, grande successo anche di pubblico e una delle sorprese della stagione 2013. ”Con soli quattro film è già uno dei maggiori autori del cinema mondiale”, ha detto di lui il direttore artistico della Festa, Antonio Monda.

Ha incontrato oggi la stampa, parlando del razzismo di ieri e di oggi, al centro anche del suo nuovi progetto antologico, Small Axe, da un detto africano che si può rendere come ‘l’unione fa la forza’. Cinque film per BBC e Amazon sul tema della lotta al razzismo all’interno di una comunità originaria delle Indie occidentali a Londra, fra il 1969 e il 1982. A Roma saranno presentati in tre: i primi due, Mangrove e Lovers Rock, e l’ultimo, Red, White and Blue.

“Ho voluto fare dei film, non una serie tv come inizialmente pensavo”, ha dichiarato Steve McQueen, “perché il cinema può raccontare delle storie molto meglio di una serie televisiva. Ho raccolto le vicende con i produttori, abbiamo parlato con una ricercatrice e gli sceneggiatori, ci siamo occupati di questa ricerca parlando con centinaia di persone, molte purtroppo ormai morte, visto che ci abbiamo messo undici anni. Abbiamo scoperto una realtà ricchissima, ci siamo chiesti come mai non fossero storie note a tutti, avevo una voglia disperata di fare questo film.”

In Red, White and Blue si racconta la storia vera di Leroy Logan, un giovane che nei primi anni ’80 si arruolò in quella polizia che aveva visto pestare a sangue il padre senza motivo, con lo scopo di cambiare dall’interno il razzismo in divisa. “Ha collaborato con noi, è venuto sul set con il suo miglior amico un giorno in cui si girava una scena in cui si rivolge a dei ragazzini, che si alzano e se ne vanno mentre lui parla. Lo ricordo quasi svenire mentre guardava il monitor. Non si fidavano di lui come poliziotto nero, si è sentito portato indietro nel tempo. Leroy voleva infiltrarsi per trasformarla la polizia, non integrarsi, poi ha contribuito a creare una federazione della polizia nera, ma verso la fine della sua carriera è stato accusato e processato dalla polizia per non aver pagato 80 sterline di conto d’albergo. Un’indagine di un anno l’assolse, spendendo migliaia di sterline. Era sempre un bersaglio, non sono storie inventate, è la realtà di quello che i neri devono sopportare ogni giorno. C’è sempre un tetto di cristallo che ti blocca.”

Ma com'è la situazione a Hollywood in tema di uguaglianza? Così la pensa McQueen, “Sono successe tante cose, quando ho fatto 12 anni schiavo è stato un film rivelazione per molti. Il film ha avuto successo straordinario di pubblico e aveva un protagonista nero, a quel punto molte persone si sono rese conto che si poteva anche guadagnare con film come quelli, ragionando in termini di prodotto. Non so se sono fatti molti progressi da allora, ma uno sforzo c’è stato, non voglio aggiungere altro. A me interessa di più che ci sia rispetto delle minoranze non tanto fra gli attori, quanto nelle maestranze, in un’industria così esclusiva. Volevo fare questo film, so che sembra assurdo, prima che tante persone della generazione dei miei genitori morissero. Per me è stata una motivazione ad agire. Tante persone sono morte senza aver mai visto le loro storie al cinema, raccontati come eroi. C’era bisogno di raccontare le persone in un modo per loro riconoscibile.”

È ancora tempo dell’infiltrazione, come Logan, del dialogo, o rimane solo la rivolta violenta? “Non sono un fautore della violenza, che è distruttiva, però a un certo punto scatta purtroppo la frustrazione e le azioni che si compiono sono il risultato di questa crescente tensione, quello che accade oggi è collegato a una pandemia. Poi abbiamo anche il caso di George Floyd, un uomo morto schiacciato sul collo da un poliziotto per 9 minuti. In milioni hanno visto quel video e manifestato. C’è voluta una pandemia, oltre a questa orribile morte, prima che qualcuno cominciasse a dire che tutto sommato era importante ancora parlare di razza. C’è stato un risveglio perché eravamo tutti a casa cercando di fare i conti con la nostra fragilità e mortalità e ci è apparsa sullo schermo una scena come quella. C’è voluta così tanta sofferenza per renderci conto di quello stava accadendo”.

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