Interviste Cinema

Bisogna essere gentili anche con le parole: Miriam Leone è il Premio Anna Magnani del Bif&st 2022

L'ultima giornata del Bari International Film Festival 2022 vede fra i protagonisti la splendida Miriam Leone, che riceve il Premio Anna Magnani per la migliore attrice protagonista e che ha incontrato la stampa parlando di Eva Kant e di Corro da te

Bisogna essere gentili anche con le parole: Miriam Leone è il Premio Anna Magnani del Bif&st 2022

Non è passato poi così tanto dall'ultima volta che abbiamo visto Miriam Leone al Bari International Film Festival. Era fine settembre, durante l'edizione 2021, e l'attrice presentava, insieme a Stefano Accorsi, Marilyn ha gli occhi neri. Questa volta, invece, la bella catanese che abbiamo tanto ammirato in Diabolik riceve dal Bif&st il Premio Anna Magnani per la migliore attrice protagonista proprio per la sua performance nel cinecomic dei Manetti Bros., nel quale è una perfetta Eva Kant. Il pubblico del Festival di Bari va in brodo di giuggiole quando si trova di fronte la Leone, per questo il direttore Felice Laudadio ha pensato bene di rendere Miriam protagonista di una conferenza stampa. Il Teatro Margherita era gremito di gente e di fotografi e l'attrice, vestita di verde e di giallo, era splendida e raggiante. Ha parlato, intervistata da Enrico Magrelli, di Diabolik, del riconoscimento, della maniera in cui sceglie i ruoli e di come l’abbia cambiata in meglio l'esperienza nel film di Roberto Milani Corro da te, in cui recita al fianco di Pierfrancesco Favino. Ecco le sue dichiarazioni:

Il Premio Anna Magnani al Bif&st 2022

E’ bello rivedersi di persona, è una cosa che non dobbiamo dare per scontata. Sapere che tanti stanno tornando al cinema, a emozionarsi insieme in una sala, è meraviglioso. Quindi grazie di essere qui. Anna Magnani chiaramente è un faro, sia per la cultura italiana nel mondo, perché ci ha regalato un Oscar, che nella mia storia personale, perché è una figura che mi accompagna da tempo. Non sono abituata a ricevere premi, anche se ci sono stati Nastri d'Argento e Ciak d'Oro, ma ogni volta per me è un'emozione, perché quando fai questo lavoro, quando prepari un personaggio, non pensi ai premi e, sì, è un bel mestiere, ma si fanno comunque sacrifici, perché si è spesso in viaggio. Per esempio con i Manetti siamo stati a Bologna, Trieste, Courmayeur e Milano, con una troupe meravigliosa perché i Bros. fanno un cinema di artigianato italiano molto particolare, sono un genere loro stessi, e quindi lavorare con Antonio e Marco è stata un'esperienza forte, perché entri davvero in una famiglia.

Fratelli e sorelle

I registi di Diabolik sono due fratelli e le Giussani, che sono coloro che hanno creato Diabolik ed Eva Kant, erano due sorelle, due sorelle italiane che hanno inventato un favoloso fumetto italiano con cui ci siamo dovuti confrontare fin dall'inizio. I fan sono stati il nostro terrore, e quindi io ho sempre lavorato pensando alle sorelle Giussani. La mattina mi svegliavo e dicevo: "Ma di questa scena qua cosa avrebbero pensato le Giussani?". Quindi la mia guida nel film sono stati due fratelli e due sorelle, però ho trovato una strada anche personale nell'interpretazione di Eva. Poi ho avuto dei partner in scena fantastici, e parlo di Luca Marinelli e Valerio Mastandrea, perché la scena si condivide. Il nostro è un lavoro di condivisione, un lavoro in cui si brinda insieme, ed è bello, è uno scambio importante.

Dal fumetto a una donna in carne e ossa

Quando mi hanno proposito il ruolo, la mia prima reazione è stata: "Eva Kant devo essere io, c’est moi". Poi ho dovuto dare carne e ossa a un personaggio bidimensionale, in bianco e nero. Sappiamo che Eva è bionda, però comunque è grafica su carta, per cui la tridimensionalità può essere rischiosa, perché può essere fatta d’inchiostro, quindi macchiettistica. Inoltre dal fumetto ci si aspetta sempre un certo tipo di azione, una sorta di non approfondimento psicologico. Per me invece era importante che Eva Kant nascesse e vivesse, che fosse un personaggio complesso e con un suo carattere definito, una creatura capace di essere femminista e insieme femminile, perché è così che le Giussani l'hanno pensata. Forse molti di voi non sanno che si sono ispirate a Grace Kelly per creare questa donna che al momento giusto sa colpire, che non sta un passo indietro rispetto al suo uomo ma che gli sta accanto con grande convinzione, e quindi noi dovevamo raccontare una storia d'amore che è iniziata negli anni '60 ed è rimasta eterna. Prima nei fumetti le donne erano un po’ l'oggetto del desiderio, con Eva Kant l'oggetto si fa soggetto e quindi non è più un satellite dell'uomo ma un pianeta.

Perché tifiamo per Diabolik ed Eva Kant?

Perché Eva Kant e Diabolik in fondo non sono così cattivi anche se sono liberi? Perché il mondo intorno a loro è marcio, per cui Eva e Diabolik sono come due ladri gentiluomini, e uno tifa per loro. Hanno un'etica del rispetto. La cosa affascinante di questi due personaggi è che, quando Eva Kant decide di diventare la compagna di Diabolik, non si potrà più mostrare con il suo vero volto nella società, perché lei e Diabolik indosseranno delle maschere, e solo quando saranno soli, i due mostreranno il viso, e questo è l'amore.

Corro da te e un nuovo sguardo sul mondo

Lavorare con Riccardo Milani è fare la commedia sul serio, nel senso che noi abbiamo preparato il personaggio di Corro da te come se non fosse un personaggio da commedia, quindi abbiamo fatto uno studio sia fisico che psicologico. Come ho detto più volte, ho preso lezioni di tennis e di violino per tanto tempo per cercare di fare scene che nel film durano pochi istanti mentre per noi sono state mesi di lavoro, e sono felice del risultato perché mi sono impegnata tanto, e questo ruolo mi ha dato la possibilità di spostare la mia prospettiva e il mio punto di vista, perché ho iniziato a guardare le persone dal basso verso l'alto. Non mi era mai capitato di stare seduta su una carrozzina neanche per brevi periodi e quindi era la prima volta che mi confrontavo con questa realtà, e ho capito le difficoltà dei disabili e quanta indifferenza ci sia anche solo da parte di chi parcheggia in un posto destinato a loro e dice: "Che vuoi che sia? Sono soltanto dieci minuti". Quindi il film mi ha regalato una sensibilità nuova, amicizie nuove e un linguaggio più corretto, non politicamente corretto ma corretto, perché il linguaggio, e l'abbiamo visto con Will Smith, può scatenare la violenza che è insita nelle persone. La reazione non ci è piaciuta, però è anche giusto avere un linguaggio che abbracci le diversità, e quindi bisogna imparare a essere gentili anche con le parole. Poi ho lavorato con Pierfrancesco Favino, che è un grande del cinema italiano.

Scegliere i ruoli

Il nostro è un mestiere artistico, quindi non puoi andare a lavorare controvoglia. Io sono sempre contenta di andare sul set. C’è chi dice che quando scegli la tua passione come lavoro, non lavori nemmeno un giorno della tua vita, però è un lavoro, quindi devi essere al 100% coinvolto nel progetto. Scegliere è un privilegio, naturalmente, è una fortuna che sono felice di poter avere. In questo momento esatto scelgo un ruolo che mi consenta di divertirmi perché comunque ho attraversato personaggi anche complessi e drammatici, come quello della trilogia di 1992. Se penso a ciò che ho fatto negli anni, per esempio al personaggio di Non uccidere, capisco che è davvero stato la mia scuola. La serialità italiana bella mi ha insegnato tanto. Adesso voglio andare sul set contenta. Voglio svegliarmi la mattina e dire: "Che bello!”. Di solito sul set ci sono questi camper parcheggiati nel fango, perché magari si va a girare in posti fuori città. A me piace il fango. Mi va bene svegliarmi alle 6:30, bere il caffè della macchinetta nei bicchieri di plastica. Adoro tutto del set, e quindi non sono tanto strategica nella scelta dei ruoli. Io scelgo con il cuore, scelgo la cosa che mi fa battere il cuore. Poi so che agli altri arriva l'autenticità, l'ho capito in questi anni, il pubblico non è scemo, il pubblico siamo noi, io sono pubblico, quindi per me è un riferimento importante. Per questo amo il festival di Bari, perché è un festival che ha nel pubblico il suo grande protagonista. 

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