Bellocchio, Gramellini e Mastandrea raccontano Fai bei sogni: dal libro al film
Presentato a Roma il film che adatta il romanzo omonimo del vicedirettore della Stampa, dal 10 novembre in 250 sale italiane.
"Ogni libro ha due autori: chi lo scrive e chi o legge. Io, in questo progetto, volevo tenermi in disparte: sapevo che il Massimo del film sarebbe stato diverso da quello del libro che sarebbe stato il Massimo di Marco Bellocchio." Così parla, collegato via Skype dalla redazione torinese della Stampa, Massimo Gramellini, autore dell'omonimo romanzo autobiografico che è alla base di Fai bei sogni. "A Marco ho chiesto solo una cosa," spiega poi. "Gli ho detto 'Cambia tutto del mio libro, ma non lo spirito': e quello spirito, quell’uomo, l’ho ritrovato."
Per adattare il libro del giornalista, assieme a Valia Santella e Edoardo Albinati, Bellocchio ha detto di essere partito da un’immagine: "Si parte sempre da un’immagine, e pensando a un’immagine cinematografica sono partito da quella del bambino in fondo al corridoio, quando entra in casa la bara della madre," spiega (parlando dell'inquadratura che campeggia sopra questo articolo). "Un’immagine che avevo dipinto in alcuni quadri quando avevo circa 18 anni, e che mi collegava a qualcosa che da bambino ho vissuto. Era un po’ funebre per farne il manifesto del film," scherza, “ma è da lì che sono partito da lì."
Che nella rielaborazione di un materiale doloroso e autobiografico come il romanzo di Gramellini (storia di un uomo che deve ancora elaborare la morte della madre avvenuta quando era bambino) sia stato fondamentale mettere in gioco il proprio vissuto, oltre a Bellocchio lo hanno sottolineato anche altri collaboratori del film.
"Scrivere questo film è stato un piacere con un’inevitabile vena masochistica," dice infatti Albinati, "perché abbiamo pescato tutti nelle nostre faccende, nelle nostre cose autobiografiche, mettendo dentro i ricordi, fantasie e mancanze personali. Lavorare su una storia vera scritta da una persona vivente non è stato quindi un ostacolo, ma un forte vantaggio: perché ci ha permesso di metterci in gioco facendo la staffetta tra lo sguardo di due autori, Gramellini e Bellocchio." "Siamo partiti da un soggetto firmato da Marco, che già aveva fatto un suo percorso sul libro," aggiunge Santella, "e poiquasi tentato di dimenticare il libro, per rielaborarlo a partire dai suoi e nostri sentimenti più profondi."
Valerio Mastandrea, chiamato a interpretare il ruolo del protagonista, racconta poi di aver "subito capito che avremmo affrontato qualcosa che mi avrebbe permesso di elaborare qualcosa di me. Non è vero, come raccontavo quando ero più giovane, che per noi che il lavoro è una cosa e la vita è un altra," spiega. "Questo lavoro ti porta a contatto con quello che sei e sei stato, e forse sarai, e ti aiuta tantissimo a capirti meglio."
Per Marco Bellocchio, un altro elemento importante e identificativo del lavoro fatto sullo scritto del vice direttore della Stampa e nella realizzazione del film è stata "la ribellione del bambino nel momento del funerale della madre, quando nega realisticamente che la madre sia morta. Questa ribellione è molto importante, così come lo è stato trovare un fantasma amico che l’accompagna nel resto della vita, perché è il trucco per riuscire a sopportare l’insopportabile. La mia infanzia è passata attraverso vari funerali, e in questo mi sono ritrovato," aggiunge il regista, "però la storia di Fai bei sogni parte da un amore non patologico né nevrotico, ma forte e intenso tra una madre e suo figlio: questo amore io non l’ho mai conosciuto, ma è qualcosa che nel libro ho trovato e ho cercato di ricrearlo nel film."
A Bellocchio è stato poi chiesto come e se sia cambiato qualcosa nel ruolo delle famiglie e nel rapporto con le famiglie nel suo cinema, dai Pugni in tasca a oggi, e il regista ha risposto con una battuta: "Risponderei 'Famiglie vi odio’, citando André Gide, un titolo che forse volevo dare a un film. Più seriamente, c’è di sicuro nel mio lavoro come una via delle madri: ci sono tante madri che ritornano, e ci fossero tanti omicidi e suicidi. Le morti dei figli e delle madri sono evidentemente qualcosa che costituisce e rappresenta il nucleo principale della nostra vita, un nucleo qui felicissimo ma drammaticamente interrotto."
"Infatti io aspetto un film di Bellocchio nel quale ci sia solo un tentativo di omicidio che non va a buon fine: il maestro così raggiungerebbe la sua maturità," sdrammatizza Mastandrea.
Ma, oltre ad un lungo elenco di cose che della lettura fatta da Bellocchio del suo romanzo gli sono piaciute - dalla scelta di Barbara Ronchi nel ruolo di sua madre al modo come le 40 pagine finali di dialoghi del libro siano state risolte in un semplice e cinematografico tuffo in piscina, passando per il ruolo del televisore nei salotti dell’Italia borghese degli anni Sessanta -, c’è qualcosa che di Fai bei sogni a Massimo Gramellini non è piaciuto? "Forse l’aver chiamato un bambino tifoso della Juve a interpretare me da piccolo, risponde il giornalista, notoriamente del Toro. “Quello è stato, è proprio il caso di dirlo, un colpo gobbo."