Interviste Cinema

Argentina, 1985: incontro col regista Santiago Mitre e l'attore Peter Lanzani, per il film candidato all'Oscar

Tra i candidati all'Oscar come miglior film non in lingua inglese c'è anche Argentina, 1985, che potete vedere al cinema dal 23 febbraio. Un film importante che racconta il processo civile alle giunte militari da parte del procuratore capo Julio Strassera. Abbiamo incontrato il regista Santiago Mitre e il coprotagonista Peter Lanzani.

Argentina, 1985: incontro col regista Santiago Mitre e l'attore Peter Lanzani, per il film candidato all'Oscar

Farà il percorso inverso da quello a cui siamo abituati il candidato all'Oscar 2023 come miglior film internazionale, Argentina, 1985, uscito prima in streaming su Prime Video e dal 23 febbraio, grazie a Lucky Red, al cinema, dove vi consigliamo di vederlo, magari in gruppo, perché è sicuramente un'esperienza emotivamente intensa di cui sarà bello, dopo, parlare con amici e parenti. In attesa degli Academy Awards, ha già vinto il premio FIPRESCI alla Mostra del Cinema di Venezia, un Golden Globe e il BAFTA come miglior film non in lingua inglese e un Goya. Diretto da Santiago Mitre e interpretato da Ricardo Darìn e Peter Lanzani nei ruoli principali, cerca di risvegliare l'attenzione e il ricordo di quando un tribunale civile ebbe la forza di perseguire e condannare i responsabili delle forze armate argentine, che in una nascosta e feroce repressione clandestina da loro coordinata, tra il 1976 e il 1983 sequestrò, imprigionò, torturò e uccise oltre 30.000 persone, per lo più giovani, intellettuali e innocenti dei crimini di cui erano accusati. Un vero e proprio genocidio, come lo definì nel suo discorso di conclusione del processo il procuratore Julio Cesar Strassera, in cui ci sono ancora vittime oggi, visto che quelle che, col passare degli anni, sono diventate le nonne di Plaza de Mayo cercano ancora i nipoti sottratti ai genitori uccisi e affidati a famiglie di militari. Argentina, 1985, racconta questo storico processo e i suoi protagonisti, non in modo magniloquente, ma facendoci conoscere anche nel loro privato il giudice Strassera e la sua squadra, quelli che si opposero e quelli che cercarono di impedire il ritorno della democrazia, in un film che dimostra che gli eroi sono uomini come gli altri, che nonostante la paura e il senso d'inadeguatezza scelgono di fare la cosa giusta e abbracciano fino in fondo la causa della giustizia.

Prima di arrivare allo straziante climax delle deposizioni delle vittime sopravvissute alle torture e dei testimoni dell'orrore, c'è anche spazio per il sorriso, in un perfetto equilibrio di toni che, come ha detto il regista nell'incontro che abbiamo avuto a Roma con lui e con Peter Lanzani, è stato scelto per diversi motivi, anche intrinsechi ai personaggi che raccontava:

Siamo partiti dagli atti del processo, vedendo centinaia di ore di testimonianze, una cosa triste e dolorosa, a tratti abbiamo dovuto fare delle pause perché piangevamo, è stato molto duro. Poi abbiamo cominciato a incontrare i funzionari del tribunale, abbiamo visto che a volte, anche mentre raccontavano queste cose tristissime, durante il processo, gli scappava un sorriso. Inoltre Strassera che appariva come un uomo burbero, aveva un gran senso dell’umorismo, e abbiamo pensato che potevamo usarlo come elemento narrativo perché una delle paure che avevamo nel raccontare una storia così grande e importante era di farne una figura troppo solenne, ma sapevamo di questo rapporto particolare che aveva col figlio e con la figlia, e come si relazionava col gruppo di giovani che lo aiutò e dei momenti di leggerezza che venivano fuori pure in mezzo alla tensione, per cui abbiamo messo questi piccoli elementi di umorismo. Non sapevamo se avrebbe funzionato, ma quando abbiamo visto il film al festival di Venezia col pubblico abbiamo visto che il pubblico sorrideva e rideva in certi momenti, piangeva in altri, perché l’umorismo è un meccanismo di difesa che abbiamo per difenderci dal dolore, è lo stesso meccanismo per cui le persone fanno battute ai funerali ed era utile per raccontare questa storia.

Questo è il primo ruolo di rilievo, da co-protagonista, per Peter Lanzani, che ha iniziato la sua carriera da ragazzino, interpreta il giovane avvocato Luis Moreno Ocampo, che proviene da una famiglia di militari ma che è animato dalla stessa sete di giustizia del procuratore Strassera e che, dopo la diffidenza iniziale di questi, diventa fondamentale nell’aiutarlo a raccogliere, insieme a una squadra di giovanissimi, le migliaia di prove che serviranno a condannare i responsabili delle stragi, che continuano a godere di alte protezioni (il film ha una struttura molto efficace di thriller politico). Abbiamo chiesto a Lanzani, bravissimo in un ruolo non semplice accanto a un "mostro" come Darìn, come è stato interpretare questo ruolo e se ha imparato qualcosa che non sapeva sulla storia del suo paese. Ci ha risposto così:

Io sono nato nel 1990, cinque anni dopo il processo, lo studiamo a scuola perché fa parte della storia del nostro Paese, ma ho scoperto tantissime cose che non sapevo durante la preparazione e le ricerche che abbiamo fatto, parlando con Santiago, ed è importantissimo perché è un film che parla alla mia generazione e a quelli ancora più giovani di me. Sentivamo la responsabilità di raccontare questa storia perché non sono personaggi immaginari ma persone reali e dovevamo stare attenti a render loro giustizia. C’era una sceneggiatura precisissima scritta da Santiago e da Mariano Llìnas perché avevano molto chiaro quello che volevano raccontare e per noi era importantissimo dare un’interpretazione senza eccedere nella caratterizzazione. Il ritmo era già tutto nella sceneggiatura, ho imparato molto anche da Ricardo Darin, parlando con lui per accorciare la distanza tra di noi, in modo che sul set sapessimo esattamente cosa dovevamo raccontare. La prima volta che ho letto il copione sono rimasto stupefatto e ho dovuto processare tutto quello che c’era dentro e fare una lunga camminata per riprendermi, e mi è capitata la stessa cosa ad ognuna delle sette volte che ho visto il film: ho pianto. Per me è stata un’esperienza che mi ha insegnato moltissimo, dal punto di vista storico e personale. L’idea non era quella di imitare queste persone ma capire le dinamiche tra di loro e cercare attraverso la nostra interpretazione, sulla scorta del copione, di ricrearle nel modo giusto.

Strassera è scomparso nel 2015, ma Moreno Ocampo ha solo 70 anni ed è ancora attivissimo nel campo dei diritti umani. Lanzani però non l'ha incontrato, anche se ha ascoltato le registrazioni delle conversazioni tra il magistrato e Santiago Mitre. Si sono conosciuti solo dopo, ma sa che è rimasto molto contento del film, e questo gli basta. Durante la conversazione, Mitre torna spesso sul messaggio alle giovani generazioni, che non sanno, della necessità di rinverdire una memoria che sta sbiadendo (sono molti anni, racconta, che lavora a questo film) ma che andando al cinema scoprono una parte terribile della storia del loro paese, una ferita incancellabile ma a cui il sostegno del presidente Alfonsìn che fermò il decreto per il processo unito al coraggio dei magistrati, dei testimoni e delle organizzazioni dei diritti umani, dettero una risposta, ristabilendo la democrazia e gettando le basi del sistema giudiziario argentino, perché questi orrori non si ripetessero mai più, nunca màs. Nonostante questo, girando il mondo con un film che non manca mai di colpire, commuovere e suscitare dibattiti, il regista si è dichiarato triste e preoccupato per il fatto che tanti giovani esprimano idee antidemocratiche. Anche per questo è importante che vedano un film come Argentina, 1985, anche perché quelli che spacciati per terroristi vennero macellati con crudeltà e fatti sparire nei voli della morte, erano in gran parte ragazzi come loro, vittime non di un'ideologia politica, ma di un'aberrazione morale come il sadismo. In patria, racconta Lanzani, il film ha avuto un'accoglienza molto partecipata, con reazioni di commozione e sdegno, espresse anche a parole. Molti ragazzini, dice, sono tornati a casa a chiedere ai loro genitori per saperne di più. La memoria di questo storico processo è importante che sia conosciuta, perché dimostra che il Male non resta sempre impunito e la violenza cieca trova a volte la sua giusta retribuzione anche su questa terra. Inoltre, Argentina 1985 è un bel film, per cui gli auguriamo ogni fortuna, anche se Mitre ha detto che in ogni caso, Oscar o non Oscar, sarà contento lo stesso.

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  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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