Interviste Cinema
AmeriQua: Bobby Kennedy III tra New York e Bologna
Il discendente della celebre dinastia debutta come attore e autore in AmeriQua

Portare il nome della dinastia dei Kennedy è una grossa responsabilità. Ma Bobby Kennedy III sembra non sentirla, e come il bisnonno Joseph, capostipite della famiglia, fondatore della RKO Pictures e famoso amante di Gloria Swanson, tenta la via del cinema.
Lo fa con AmeriQua,
diretto da Marco Bellone e Giovanni Consonni
-
nelle sale dal 16 maggio - in cui coinvolge amici famosi (Giancarlo Giannini, la collega
d'università Eva
Amurri, Alec Baldwin) e non
(il collega studente Lele Gabellone), per raccontare le
disavventure di un giovane americano in Italia. Bobby Kennedy
III è infatti attore e
cosceneggiatore del film, in cui si parla di Charlie, momentaneamente
diseredato dalla famiglia per l'incapacità di concludere qualcosa nella vita, del suo
rocambolesco viaggio in Italia dove si imbatte in amici a dir poco scriteriati, si
innamora della figlia di un boss mafioso e, come un Candido inconsapevole di usi,
lingua e costumi, si trova coinvolto in un intrigo criminale da cui i suoi insoliti amici lo
aiutano ad uscire.
Come mai Bobby
Kennedy III ha voluto fare questo film?
“La mia esperienza in Italia è molto diversa da quella dei
turisti americani che fanno il
solito giro Roma/Firenze/Venezia, poi vanno a casa con qualche foto e continuano a
parlarne per anni. Io vivo in Italia da 4 anni e volevo portare un'esperienza vera,
sono partito dagli stereotipi per superarli, volevo prendere in giro l'idea che gli
Americani hanno dell'Italia: pizza, mandolino e mafia. Per conoscere un paese
bisogna viverci, impararne la lingua e amarlo come io amo l'Italia”.
Lodevole intenzione se non fosse che, come gli fanno notare, quello che
traspare dal film è
che gli stereotipi non siano affatto superati:
“C'è una citazione famosa che dice un film è un quadro dipinto con 50
mani, si inizia con un'idea
e quello che vuoi fare non è sempre quello che esce fuori. Io volevo prendere in giro
gli
americani, come dicevo, anche se forse nella versione doppiata la cosa un po' si
perde”.
Il film racconta – storia d'azione a parte
– la coabitazione tra Bobby e alcuni
compagni poco probabili ma veri, tra cui l'amico Lele, suo
compagno di casa
e serate in discoteca nel 2005, quando Kennedy III studiò per un
anno scienze
politiche a Bologna. A produrlo è stato Marco Gualtieri, fondatore
di Ticket One e grande amico della famiglia Kennedy, che
racconta così il coinvolgimento nel film che ne vede il debutto come
produttore:
“Ero a cena a Washington il giorno prima dell'insediamento di Barack
Obama, in casa
Kennedy, e mi sono ritrovato in un posto pieno di personaggi
famosi,
emozionatissimo per aver appena parlato con Ron Howard. Mi si è
avvicinato questo
ragazzo e mi ha parlato in italiano, chiedendomi di dargli una mano a fare questo
film. Mi ha colpito perché nessuno dei Kennedy parla italiano, e gli
ho chiesto perché
lo chiedesse a me, con tanti amici famosi. Mi ha detto che era ambientato in Italia e
che voleva che a produrlo fosse un italiano, perciò ho deciso di dargli una
mano. Mi ha conquistato, così come ha fatto Lele, si è creato
un bel gruppo ed è stata un'esperienza bellissima”.
Sempre a proposito del coinvolgimento della sua famiglia col cinema,
Bobby racconta
un aneddoto interessante:
“Mio nonno aveva
scritto un libro, "The Enemy Within", sulla storia del sindacalista
Jimmy Hoffa, avvenuta nel periodo in cui era procuratore
distrettuale, e aveva
commissionato una sceneggiatura a Budd Schulberg, premio
Oscar per Fronte del
porto. L'ho ritrovata per caso in uno scatolone, dimenticata. E'
bellissima, ma non so
se voglio farne un film: vorrei rendere giustizia alla mia famiglia e sarebbe il lavoro di
una vita, non di una cosa da fare in pochi mesi. Quello che mi piace di più è scrivere,
e in questo momento sto scrivendo una nuova sceneggiatura.”
Infine, una curiosità: Lucio Dalla ha accettato di concedere alcune sue
canzoni per il
film. Durante gli incontri col produttore e l'autore ha poi proposto di
inserire un pezzo del ventenne Marco
Sbarbati, autore della ballata "I don't wanna start", che
aveva scoperto mentre
cantava in Piazza Maggiore, e una versione di "Caruso" cantata
dal tenore Vittorio
Grigolo. Generoso fino in fondo con i giovani, Dalla ha
lasciato un'eredità che rende
ancora più dolorosa la sua morte, ad un anno dalla sua scomparsa. Anche gli autori
di AmeriQua lo ringraziano e gli rendono omaggio.