Interviste Cinema

Alessio Boni e Stefano Incerti raccontano la dittatura argentina in Complici del silenzio

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Dopo L'uomo di vetro, sulla Mafia, Stefano Incerti si sposta a Buenos Aires per raccontare, in Complici del silenzio, la dittatura militare argentina. Del perché di questo film e della scelta di ambientarlo nel 1978 ci ha parlato a lungo il regista, che abbiamo incontrato insieme all'attore protagonista Alessio Boni.

Alessio Boni e Stefano Incerti raccontano la dittatura argentina in Complici del silenzio

Alessio Boni e Stefano Incerti raccontano la dittatura argentina in Complici del silenzio

"Fare un film che parla della dittatura argentina e dei desaparecidos può sembrare poco attuale" - ci ha detto Stefano Incerti in occasione della presentazione alla stampa di Complici del silenzio, il suo nuovo lungometraggio: "Ma una recente sentenza italiana che condanna all'ergastolo cinque ex-membri della marina militare argentina per cose accadute 30 anni fa mi ha spinto a raccontare nuovamente una storia che molti, ma non tutti, conoscono. Ho voluto concentrarmi sul 1978, l'anno dei mondiali, per creare un netto contrasto fra la gioia e l'allegria del calcio e la cupezza di quei fatti a lungo tenuti nascosti. A quell'epoca erano ancora in pochi a sapere cosa stava effettivamente succedendo, e mi vengono i brividi quando penso che, mentre la gente in mezzo alle strade festeggiava, c'era qualcuno che rapiva le persone, le torturava e le uccideva".

Agli anni bui della recente storia argentina, Stefano Incerti si è accostato con grande umiltà, documentandosi e chiedendo aiuto anche agli attori argentini scelti per il film. "Mi sono avvicinato a quegli eventi con la stessa purezza del mio protagonista, il giornalista sportivo Maurizio Gallo, però non volevo fare solo un film di denuncia. I gusti del pubblico sono cambiati rispetto a qualche decennio fa. Non si può solamente essere didascalici, lo spettatore di oggi ha bisogno di immedesimarsi in un personaggio, di essere intrattenuto, divertito. Per questo ho mescolato il cinema d'autore al cinema di genere".

Il genere a cui fa riferimento Incerti è il thriller, anche se l'arrivo a Buenos Aires di Maurizio Gallo e di un suo collega fa pensare anche a una commedia sugli italiani all'estero. Non manca neppure il melodramma, anzi, la storia d'amore fra il personaggio principale e la guerrigliera Ana è la parte più importante del racconto, nonché l'occasione per conoscere da vicino l'operato delle squadre della morte. Per il regista, Complici del silenzio è stato anche un modo per riflettere sulla quasi totale assenza, almeno in Italia, dello spirito rivoluzionario inteso come volontà di intervenire sul sociale e di lottare contro le ingiustizie politiche: “In Italia c'è un torpore generale, e nessuno si interessa al bene comune”. Se il cinema possa risvegliare in qualche modo le coscienze, Incerti non può saperlo, anche se non ritiene un caso il fatto che sia Steven Soderbergh con Che che Michele Placido con Il grande sogno abbiano avvertito il desiderio di parlare, proprio adesso, di rivoluzione.

Sulla scelta di Alessio Boni come attore protagonista, il regista ci ha infine spiegato: “Volevo un attore che potesse incarnare le due anime di Maurizio Gallo, l'italiano bello e sbruffone che arriva in una terra straniera e la osserva divertito e l'uomo innamorato che cresce, matura e cambia”. Su Maurizio Gallo, Alessio Boni ci ha detto che, dopo tanti personaggi storici, letterari, seicenteschi, settecenteschi e ottocenteschi, si è entusiasmato all'idea di interpretare un uomo normale. Come Stefano Incerti, anche lui ha guardato alla dittatura argentina e ai desaparecidos attraverso lo sguardo vergine e incontaminato di questo giornalista di bella presenza. “Se avessi studiato, se fossi arrivato là qualche mese prima dell'inizio delle riprese, non ce l'avrei fatta a fare questo film, mi sarei sentito troppo coinvolto. Ho lasciato che quei fatti e quella realtà mi entrassero dentro pian piano”. Eppure, dopo appena pochi giorni, l'attore era già nel 1978 e visitando vecchie prigioni o conoscendo persone che avevano perso amici e parenti in quei giorni, ha sentito delle fitte allo stomaco, al cuore. Alessio Boni giudica quindi Complici del silenzio un film importante, che fa riflettere, in maniera intelligente, mai pedante o didascalica. Anche lui ritiene che lo spirito rivoluzionario sia quasi scomparso: “In Argentina lo si può ancora respirare, da noi, non c'è mai stato”. “Siamo in un'epoca di crisi” - ha continuato - “crisi non tanto economica, ma di valori, ma è proprio in momenti come questo che le persone cominciano a reagire e a predisporsi al cambiamento. E' bello che il cinema parli di certe cose, dovrebbe succedere più spesso. Siamo stanchi dei film due camere e cucina”.

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