Ai confini del male: il 1 novembre su Sky e in streaming su NOW un appassionante thriller italiano
Liberamente ispirato al romanzo di Giorgio Glaviano Il confine, arriva su Sky e in streaming su NOW il 1 novembre Ai confini del male, terza regia di Vincenzo Alfieri con Massimo Popolizio e Edoardo Pesce. Li abbiamo incontrati a Roma.
- Un True Detective italiano, girato tra Tevere, Aniene e nelle campagne laziali
- Un finale cinico o realistico?
- Una sfida per gli attori
- I riferimenti per l'atmosfera di Ai confini del male
- Una donna che non ha niente
- Il rapporto di lavoro tra Massimo Popolizio e Edoardo Pesce
Al suo terzo film dopo la commedia con venature da fumetto I peggiori e l’heist movie (o film su una rapina, per i puristi della lingua) Gli uomini d’oro, tratto da un vero fatto di cronaca, Vincenzo Alfieri realizza il thriller Ai confini del male, che verrà trasmesso su Sky e NOW il primo novembre, a conferma di un desiderio (e una capacità) di declinare con spirito da vero cinefilo e conoscitore del cinema, generi che nel nostro cinema si sono un po’ persi. Stavolta lo spunto glielo offre un romanzo di Giorgio Glaviano, “Il confine”, a cui il film si è ispirato con molte licenze. Protagonisti due dei migliori attori italiani, Massimo Popolizio, finalmente scoperto dal cinema dopo una splendida carriera teatrale, e Edoardo Pesce, che offre un’altra ottima prova in un personaggio all’altezza del suo talento.
La storia parte dal rapimento di due giovani durante un rave party, che riporta alla luce il caso mai risolto, in una cittadina di campagna, di un “mostro” che dieci anni prima ha ucciso dei ragazzi con le stesse modalità e non è mai stato scoperto. Uno dei rapiti è il figlio di un capitano dei carabinieri, l'integerrimo Rio (Popolizio), che si occupa delle indagini. Alle indagini viene suo malgrado coinvolto da un’ex prostituta in cerca a sua volta della figlia, Meda (Pesce), un carabiniere caduto in disgrazia per i suoi scatti incontrollati d’ira e chiamato per questo “cane pazzo”. Una storia che attraverso i generi parla di padri e figli, scelte e dubbi confini morali dove, come nel buon vecchio cinema di un tempo, i protagonisti sono chiamati a confrontarsi con le proprie scelte e sono buoni e cattivi al tempo stesso.
Guarda Ai confini del male su NOW
A presentare alla stampa Ai confini del male, c'erano stamani il regista Vincenzo Alfieri e i protagonisti Edoardo Pesce e Clara Basserman, oltre a Massimo Popolizio, presente in collegamento da remoto visto che è già ripartito in tournée con “Furore”, dal romanzo di John Steinbeck. Alfieri ci introduce in questo modo a una storia che parla di confini:
"Nel romanzo c'era il personaggio di Meda che mi ha incuriosito molto perché è al confine tra il bene e il male e giusto e sbagliato. Sono partito da uno spunto di riflessione: cosa succede se prendo un personaggio rigido, ligio al dovere e creo una frattura, scomponendolo in due personaggi che sono uno lo specchio dell’altro? Nel libro Rio era appena accennato, qui diventa a tutti gli effetti un coprotagonista. Per dare un'idea di questo, dal fatto che noi vediamo dei personaggi che non sono quello che sembrano, abbiamo cercato anche nelle ambientazioni, nel look e nelle atmosfere di ritrovare questi elementi attraverso le scenografie, l'acqua, gli specchi, i vetri, elementi sui quali noi ci riflettiamo. In questo senso Pesce e Popolizio sono veramente giusti perché entrambi hanno una voce imponente e baritonale, che viene da dentro. Quello di Edoardo è l'unico personaggio che agisce senza nulla da perdere, all’inizio sembra negativo ma poi scopriamo le sue fragilità che lo hanno reso così. Rio invece sembra integro, tutto d’un pezzo, sembra non tradire i valori militari dell'Arma dei carabinieri e invece poi è espressione massima del tema del film: cosa saresti disposto a fare per salvare tuo figlio".

Un True Detective italiano, girato tra Tevere, Aniene e nelle campagne laziali
Vincenzo Alfieri: Il libro era ambientato in Toscana io inizialmente volevo girare il film al Nord, tra le risaie, in modo che ricordasse esteticamente un po' la Louisiana di True Detective, poi per il covid non è stato possibile e mi sono trovato di fronte alla sfida di girare un film del genere nel Lazio e non era facile, dovevo mantenere l’aspetto del paesino in cui, come tutti possiamo leggere sui giornali, a volte accadono eventi tragici e delitti e creare un non luogo che fosse allo stesso tempo anche italiano non è stato facile. Devo ringraziare lo scenografo del film che ha assecondato la mia follia di fare un mash up, c'è il lago, il fiume, la natura, palafitte, è giocato sui vetri, sono sempre stato affascinato ad esempio in Heat la sfida De Niro abita in una casa sul mare e guarda attraverso il vetro e io volevo che Meda abitasse in un posto in riva a una superficie acquatica la ricerca è stata lunga.
Un finale cinico o realistico?
Vincenzo Alfieri: Il finale esprime una visione cinica ma realistica della vita, il bene e il male sono concetti anche astratti, non sempre hanno una determinazione certa. Parte della mia famiglia è militare, conosco un po' quel mondo e ho diversi amici nei carabinieri e mi ha affascinato che quando parli con loro hanno una visione estremamente disfattista perché sono abituati a vedere la morte, il sangue, persone che ogni giorno oltrepassano i confini, quindi mi sono detto che forse nella vita reale un carabiniere non risolve mai veramente qualcosa.
Una sfida per gli attori
Massimo Popolizio: Io sono l'unico che indossa la divisa, e recitare con la divisa è la cosa più difficile del mondo, perché devi toglierti anche un po' da quello che è lo stereotipo televisivo. Questo è un thriller in cui io all’inizio faccio delle cose e nessuno sa perché le faccio, e io di questo ho parlato con Vincenzo, quanto questo tradire, mentire, avere una doppia faccia costi a un uomo che ha un'etica. Fondamentalmente è stato un personaggio molto difficile.

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I riferimenti per l'atmosfera di Ai confini del male
Vincenzo Alfieri: Oggi ci si confronta con un oceano di offerta anche per via dello streaming, ormai è complicatissimo. Come ho detto altre volte i riferimenti sono tanti, si parte da Prisoners di Villeneuve, il Fincher di Millennium e Seven, Il braccio violento della legge di Friedkin, Brian De Palma... questi sono i grandi autori con cui sono cresciuto e con cui ho cercato di confrontarmi. Quello che però ho cercato di fare è dare al pubblico quella atmosfera, fargli capire che siamo in un determinato mondo con certe regole, in cui ci sono anche dei cliché, degli stereotipi del genere, che il film utilizza per parlare di rapporti famigliari. In realtà abbiamo visto tutto, è stato già raccontato tutto, fin da Platone non dagli anni Settanta, per me la sfida di un autore è trovare il proprio modo di raccontare una storia sicuramente già vista in qualche modo. I personaggi li ho costruiti sul modello di True Detective, che amo moltissimo.
Una donna che non ha niente
Chiara Bassermann: Anche il personaggio si trova sul confine tra bene e male, perché come i protagonisti si ritrova a compiere degli atti che presi singolarmente sarebbero terribili, come ricattare e prostituirsi, ma la domanda è: cosa farebbe un essere umano nella posizione in cui si trova questa donna? Quando si toccano gli affetti, i figli, è giudicabile un’azione compiuta allo scopo di proteggerli? Ho dovuto immaginare di trovarmi in una situazione del genere, perdere qualunque cosa e non avere niente, contrariamente a me che ho tanti amici e una famiglia il mio personaggio non ha nulla, nessun appiglio, e perde l’unica cosa che per lei conta. E ho anche immaginato come dovesse sentirsi un'immigrata le cui richieste sono ignorate ed è costretta a farsi giustizia da sola. Il lavoro con Edoardo è stato interessantissimo, la scena del nostro incontro è stata girata in piano sequenza, si passa dalla seduzione alla minaccia all'essere quasi uccisi, per entrambi è stato un incontro ravvicinato molto complesso e io condivido con lui il modo istintivo e libero di lavorare.

Il rapporto di lavoro tra Massimo Popolizio e Edoardo Pesce
Massimo Popolizio: Edoardo ha una sua presenza, una sua fisicità importante e io mi sono dovuto confrontare con questa cosa. Vincenzo parlava della voce, io ho tentato di rapportarmi a Edoardo un po’ sotto tono, la mia voce è sempre un po’ minore, sotto traccia, Vincenzo mi avvertiva quando alzavo troppo i toni, anche perché avevo questo schermo che era la divisa. Poi c’è un momento nel film in cui siamo quasi amici, un'ammirazione tra i personaggi coincisa anche con quella tra noi attori, siamo stati molto uniti sul set e ci siamo molto aiutati. Nella scena in macchina io mi sono cagato sotto perché siamo andati davvero a 140 all'ora su quella stradina, Edoardo mi ha fatto da copilota e mi guidava perché davanti avevo davanti la macchina con la cinepresa e non vedevo niente. Devo dire, con molta ammirazione anche di me stesso, che la scena in cui ci picchiamo l’abbiamo fatta davvero, sono stato contento, Edo mi ha molto aiutato, è importante quando c’è collaborazione sul set. Edoardo Pesce: Intanto Massimo non è anziano ma è giovane e ha una grande forza, del resto da 35 spettacoli con Ronconi ne esci altro che atleta. Abbiamo fatto una coreografia con gli stuntmen, che ci hanno fatto vedere cosa dovevamo fare, e l'unica cosa che non mi piace di quella scena è la mia reazione ai due colpi che prendo, che trovo un po' eccessiva. Nelle altre scene d'azione invece non sono io, ne ho fatta una e mi sono rotto subito un dito.