Interviste Cinema

A Ciambra, casa e fonte d’ispirazione per Jonas Carpignano

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Il regista italomericano racconta il suo film presentato alla Quinzaine di Cannes 2017.

A Ciambra, casa e fonte d’ispirazione per Jonas Carpignano

La Calabria della comunità di immigranti e lavoranti stagionali di Rosarno era il cuore di Mediterranea, esordio al lungometraggio del regista italioamericano Jonas Carpignano, molto apprezzato alla Semaine di Cannes due anni fa, anche se putroppo mai uscito nei cinema italiani. Proseguendo ora l’analisi di storie e personaggi di quelle parti, in A Ciambra, riprende in mano protagonisti e ambientazione già affrontati in un cortometraggio del 2012 dallo stesso titolo.

Siamo a Gioia Tauro nella comunità rom alla scoperta della quotidianità borderline di Pio, un ragazzino di 14 anni, fra piccoli reati, le prime pulsioni sessuali e un rapporto di amicizia con un africano del campo di Rosarno, Ayiva, protagonista di Mediterranea.

“Per me è un ritorno a casa visto che abito a Gioia Tauro da sette anni”, ha dichiarato il regista Jonas Carpignano. “Il mio punto di partenza è un personaggio, questa volta volevo raccontare Pio, che ho conosciuto quattro anni fa. Stavo facendo un casting e ho visto lui con una giacca di pelle nera, un bambino di meno di 12 anni, che mi ha chiesto una sigaretta. Mi ha subito colpito. È tutto partito da una macchina che ci avevano rubato mentre giravamo un corto sette anni fa. Quando ti rubano qualcosa a Gioia Tauro si va dagli zingari, ci sono andato e mi sono innamorato della loro energia.”

Un’esperienza, quella di Cannes, che ha interrotto un processo di creazione del film quasi furioso, seguito a 91 giorni di riprese, che ha coinvolto Carpignano e gli attori del film, sui compagni quotidiani da anni, particolarmente spiazzati dal viaggio in Costa Azzurra. “Sono sempre stato con loro fino a pochi giorni fa, quando ho finito il montaggio del film. È la prima volta che lasciano il proprio paese, per loro è un’ansia infinita venire qui dove non conoscono nessuno.”

I Rom si portanno dietro etichette e luoghi comuni. “Cerco sempre di stare con loro, non volevo parlare di come solo il 7% di loro ruba, o altre statistiche più edificanti. Il compito difficile che mi sono posto, e pongo allo spettatore, è quello di entrare nella loro vita, anche se rubano, riuscendo ad amarli lo stesso, vedendo come sono persone come noi, la realtà umana dietro lo stereotipo. Lavoro sempre scrivendo la sceneggiatura mentre vivo nella mia realtà, ascolto delle battute che inserisco. Può sembrare tutto improvvisato, ma c’è una sceneggiatura e sul set non improvvisiamo in realtà molto”.

Un supporto particolarmente gradito al regista è stato quello di Martin Scorsese, accreditato come produttore esecutivo, che ha amato un libro fotografico su Mediterranea di Carpignano, ha chiesto di leggere la sceneggiatura del film e poi ha visto una versione del montato, dando consigli all’emozionato giovane autore. “È stato una specie di guru spirituale”, così ha definito il contributo di Scorsese al film.

Nonostante i due film, i cortometraggi, e una presenza sul posto da anni, non sembra assolutamente stanco di raccontare quella parte di Calabria. “A questo punto non me ne vado più da Gioia Tauro, regala personaggi e storie infinite, ho solo iniziato a sondare il terreno. Sto lavorando a un terzo film sempre girato qui con alcuni degli stessi personaggi”.

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