A Bigger Splash: Luca Guadagnino ci parla di rock, dei Rolling Stones e del suo cinema
Il film con Ralph Fiennes, Tilda Swinton, Matthias Schonaerts e Dakota Johnson, al cinema dal 26 novembre.
Presentato alla scorsa Mostra del cinema di Venezia e preceduto da pareri contrastanti, sta per uscire in sala, il 26 novembre, il nuovo film di Luca Guadagnino, A Bigger Splash, sorta di moderna rilettura de La piscina di Jacques Deray. Nella sala di un hotel romano abbiamo incontrato il regista che ci ha svelato alcune curiosità sul suo film che ha per protagonisti Ralph Fiennes, Tilda Swinton, Matthias Schonaerts, Dakota Johnson e Corrado Guzzanti. Proprio sul remake e sulle somiglianze con l'originale è la prima domanda:
Vidi il film di Jacques Deray 25 o 30 anni fa quando c'erano I Bellissimi di Rete 4. non mi appassionò particolarmente e quando Studio Canal mi contattò con l'idea di farne un remake non fu la memoria di quel film che mi convinse a farlo ma l’idea di poter raccontare un quartetto, qualcosa che aveva a che fare con le dinamiche interne tra le coppie. Il film di Deray partiva dal presupposto produttivo di sfruttare una coppia glamour come quella composta da Alain Delon e Romy Schneider, un po' come i Brangelina oggi, che erano stati insieme e si erano separati. Non l'ho rivisto e tutto quello che ritorna come residuo nel mio film è inconsapevole e inconscio. Lo sceneggiatore David Kaiganich ha tenuto i nomi, ha usato qualche battuta sulle labbra di un altro personaggio, ma più come gimmick che altro. L'ho ambientato a Pantelleria perché è una porta attraverso l'Europa, attraversata da diversi tipi di persone come quelle del film e i migranti e nasce dal mio desiderio che potesse esserci una sorta di antagonista ai personaggi che era il proprio il luogo e che potesse funzionare da catalizzatore e provocatore.
La colonna sonora è composta di brani celebri tra cui i pezzi dei Rolling Stones ma anche il brano dei Popol Vuh che accompagnava Aguirre furore di Dio e altri contributi, ci spieghi come hai deciso i pezzi da inserire?
Il personaggio di Marianne Lane in quanto rockstar viene dopo l'idea che nel film, come si vede anche dal poster, il fulcro era il personaggio del produttore musicale. Ho pensato subito che il sentimento di nostalgia che lui prova per un amore che non ha saputo tenere per sé e che vuole riconquistare dovesse essere riverberato dalla sua incapacità di vedere la fine di un’epoca della quale è stato protagonista, quella del rock'n'roll, anche lì la nostalgia di una rivoluzione che non ha mantenuto le sue promesse anche se resta lo spirito. Il rock fa parte della nostra cultura occidentale e ci caratterizza, quindi mi piaceva l'idea di questa forza musicale e siccome sono molto ambizioso e spericolato ho pensato che il rock'n'roll non potesse essere che i Rolling Stones. Il palinsesto della colonna sonora del film non si ferma al rock'n'roll, ma c’è una sorta di dialogo sulla grande esperienza dei Sessanta, un momento di fertilità creativa, con le avanguardie e la nouvelle vague nel cinema, a cui questo film vuole avvicinarsi. Pensiamo a Sympathy for the Devil di Godard, il massimo campione della nouvelle vague con i massimi rappresentanti del rock’n'roll. Non esiste una partitura sonora composta apposta per il film e abbiamo cercato di fare dialogare quell’esperienza della musica anglosassone del rock con quella altrettanto sperimentalista di Joabim, che compone la spina dorsale del film dal punto di vista sinfonico. E ovviamente i Popol Vuh sono un omaggio a un regista che amo.
E i Rolling Stones come si sono convinti a dare le loro musiche?
Il mio metodo di lavoro è essere molto preparato e molto spericolato, abbiamo subito fondato il film su questo concetto del rock’n’roll e abbiamo identificato in Vodoo Lounge il titolo che il personaggio di Fiennes avrebbe potuto prodirre data l’età, nel periodo tra il 1976 e il 1982. David si è molto documentato, loro sono molto attenti e volevano leggere la sceneggiatura, dove la loro musica è usata proprio perché si parla di loro e quando l’hanno letta ci hanno subito dato la loro benedizione, aiutandoci anche a integrare dei piccoli dettagli. Nei titoli di coda italiani c’è l’ultima aria del Falstaff ma nel resto del mondo ci sarà una cover di Emotional Rescue suggerita da loro.
Come ha composto il cast del film?
Con Tilda abbiamo ci unisce una grande passione per fare delle cose, ci piace metterci in gioco e provare a far qualcosa di diverso, lei è una cineasta così suprema che è un grande privilegio accendere la mdp su da lei. Ralph era un mio mito fin dai tempi di Schindler’s List, e mi aveva emozionato molto in Strange Days e Fine di una storia. In genere fa personaggi contorti, sempre tormentati, ma poi l'ho visto nel trailer di Grand Budapest Hotel, slittare quasi su quel pavimento vestito di rosa e ho capito che era lui che volevo. L'ho visto a Los Angeles e dopo aver letto la sceneggiatura mi ha chiesto di rivederlo a New York e mi ha chiesto come facevo a sapere che lui era così. Non voglio entrare nel merito della sua vita privata ma l’energia di Harry è una cosa molto prossima a lui e così ha sentito che poteva fidarsi. Matthias l'avevo visto in Bullhead, ed è molto interessante, molto cinematografico con questo corpo massiccio, perfetto perché volevo che il film affrontasse un concetto eterosessuale all’interno di quella dinamica padre/figlio che è competitiva sulle donne. Dakota è arrivata in ritardo, avevo scelto un’altra attrice che poi all'ultimo non poté fare il film e ne incontrai molte altre ma ho seguito il consiglio di un amico e ho visto in lei una sorta di anziana volontà, qualcosa di quasi d’acciaio, un’intelligenza molto prensile, è un viso che non inquadri al primo colpo e mi ha colpito subito. Infine c'è Corrado Guzzanti che amo da sempre e considero un artista a 360 gradi, senza il quale il nostro paese non sarebbe stato lo stesso. Il suo personaggio, che qualcuno ha criticato, è un rimando a quelle figure di poliziotti ironiche nel cinema di genere, come il Lee J. Cobb de L'esorcista.
Infine Luca Guadagnino ci parla del suo rapporto con la critica, da cui lui stesso proviene, e con cui dice di avere un rapporto di fascinazione totale (si ricorda perfino di un collega a un Fantafestival di 20 e passa anni fa quando poco più che ventenne aspettava di incontrare il suo idolo George A. Romero)
Mi sono laureato col professor Giovanni Spagnoletti, per molti anni ho scritto per lui e sono anche stato per un breve periodo il suo assistente, ero dall'altro lato. Nasco lì, ho fatto venezia dal 1992 al 1994 con la tessera di critico, non ho fatto scuole di cinema ma mi sono formato vedendo film e leggendo libri di cinema. Lo trovo un mestiere fantastico. Voglio più critici, più critica, perché l’atto di una riflessione su un oggetto d’arte ci aiuta a comprendere molto di più chi siamo noi. Il film a Venezia è stato accolto in modo molto positivo, alcune mi hanno fatto capire meglio certe cose del film, altri hanno fatto critiche negative ma con grande intelligenza propositiva. Diciamo che non mi piace la canea indistinta di chi scambia l’attività della critica - che è una categoria della cultura - con il fatto che puoi usare le parole come se scorreggiassi, quello è meno interessante, giudizi come "è orrendo", "è brutto", non mi interessano. Voglio un pensiero dalla critica e purtroppo ogni tanto prende il sopravvento il cachinno, lo sfregio.
Ma da grande appassionato di cinema horror, Guadagnino paure non ne ha ed è già pronto alla prossima impresa, un remake di Suspiria che girerà l'anno prossimo, ambientato nel 1977 e concepito come un dittico, tanto che il primo avrà il sottotitolo Atto 1.